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Angkor


Pochi luoghi al mondo stregano come la città tempio di Angkor, antica capitale del regno Khmer, nel cuore della Cambogia. La storia di Angkor è fatta di guerre, guerriglie, abbandoni. Di secoli in cui la giungla si è riappropriata della città. E poi la sua riscoperta, i restauri fatti dai francesi e ancora guerre fratricide. Venire ad ammirare i cento e più templi, gli edifici civili, religiosi o adibiti alla corte regale, eretti tra il 900 e il 1200 e riemersi dalla giungla cambogiana.La la meraviglia del posto è tale che non ci si pente di alcun disagio. Phnom Penh, la capitale attuale della Cambogia, sta faticosamente cercando una dimensione di vita normalizzata dopo le scelleratezze di Pol Pot, il famigerato capo dei khmer rossi. Qui si visitano le pagode dorate del palazzo reale, il ricchissimo Museo archeologico con numerosi reperti provenienti da Angkor e i mercati (vecchio e nuovo) dove si trovano interessanti oggetti in lega d’argento, in madreperla e in paglia. Da non perdere poi il tramonto sul mitico fiume Mekong che sfiora la città.

L’antica capitale. Da Phnom Penh, con un breve volo interno o con l’aliscafo, si raggiunge la tranquilla cittadina di Siem Reap, addormentata in mezzo a una vegetazione esplosiva e foltissima. Si alloggia in alberghetti costruiti da poco per ospitare i turisti. Tra le memorabilia del posto c’è anche il famoso Grand hotel d’Angkor, in via di ristrutturazione. Costruito dai francesi all’inizio del secolo in stile coloniale, ha ospitato, tra gli altri, la scrittrice Simone de Beauvoir e l’intellettuale e uomo politico André Malraux. Tra tutti gli alberghi, delizioso è il piccolo Angkor village hotel (Wat Bo road, nel quartiere di Sangkat 4, circa 100.000 lire per la camera doppia con ventilatore a pale). Nuovo e costruito come un paesino cambogiano, ha una ventina di case in legno su palafitte, arredi di gusto, qualche pezzo d’antiquariato, una corte giardino centrale e un’ottima cucina franco cambogiana nel delizioso ristorante. La zona monumentale, distante pochi chilometri da Siem Reap, si raggiunge percorrendo un viale alberato interrotto, a metà, dal posto di controllo e pagamento del biglietto d’accesso.

L’area archeologica. La zona è vastissima, il che richiede tassativamente la presenza di una guida e d’altronde non è consentito aggirarsi tra le rovine da soli sia per motivi di sicurezza sia per salvaguardare i templi dal sistematico saccheggio di sculture, fregi ed elementi architettonici perpetrato da secoli e tutt’ora in auge. L’Angkor Thom è una sorta di cittadella fortificata voluta dal re che maggiormente amò Angkor, Jayavarman VII, e al suo interno conserva il tempio più spettacolare, il Bayon: piramide a più livelli irta di torri adorne di enormi volti di Buddha per un totale di 172 sorrisi scolpiti nell’arenaria grigia. Il Bayon è impreziosito anche da 1.200 metri di bassorilievi di straordinaria bellezza con ben 11.000 figure rappresentanti storie di guerre e vita quotidiana e costituisce l’apice dell’ arte khmer seppur con influssi indù. L’altra meraviglia è l’ Angkor Wat. Un tempio a più cortili interni, torri e padiglioni, raggiungibile su ponti di pietra costruiti su un largo fossato che lo rende quasi un’isola monumentale, impreziosita da sculture e bassorilievi. Tra i tantissimi altri templi sparsi nella giungla e ripuliti da liane, arbusti e alberi veri e propri, il Ta Prohm è diverso e unico. Eretto nel XII secolo come tempio buddista, ospitava nel suo recinto ben 12.640 persone tra sacerdoti e addetti al cerimoniale. Ta Prohm è assolutamente particolare perché è stato lasciato tale e quale come è stato trovato dai primi esploratori francesi: semicrollato e invaso dalla foresta tropicale. E così resterà per narrare la sua incredibile storia di fasti e decadenza

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